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Preoccupati dagli ultimi rumors che girano nella rete, abbiamo chiesto alla nostra collaboratrice Mariarachele Maia alcuni pareri riguardo la sicurezza di questa pianta.

“Bellissima domanda!!!” Dice Mariarachele “Io amo l’informazione e fare la giusta informazione! Ho chiesto ai grandi esperti le nozioni teoriche e reali a riguardo  e quello che leggete sotto è quanto mi ha risposto Matteo di Phitofilos”

Purtroppo la disinformazione è sempre dietro l’angolo. Adesso che le piante stanno diventando conosciute, c’è chi prova a minare la bellezza di questo percorso tirando fuori del materiale datato anni ‘90. Sono studi vecchi ed imprecisi, se non sbaglio fatti su cavie da laboratorio (topolini), in cui emergono dati completamente contestabili. Infatti la pianta è considerata oggi molto più che sicura dall’Europa (al punto che è inserita anche nell’elenco delle piante ammesse all’utilizzo come integratore alimentare). Lo studio che viene citato partiva proprio da concetti sbagliati, ovvero che l’esposizione massiva al singolo pigmento della pianta, a loro dire, poteva dare problemi di tossicità. Ma questo non c’entra nulla con l’uso cosmetico della pianta.

Non è biologicamente corretto esaminare un fitocomplesso al pari di un singolo principio attivo estratto chimicamente e testato. Nonostante questo veniva garantita come sicura la polvere di pianta usando il rapporto acqua / polvere di 3:1 (rapporto minimo per un corretto utilizzo). Dallo studio si evinceva che un tasso di lawsone superiore all’1,4 % applicato costantemente su utilizzo topico potesse dar vita a rischi di cancerogenesi. Rimane ugualmente un’assurdità! Sono anni che questo modo di analizzare le strutture vegetali è stato ampliamente messo seriamente in discussione.

Il discorso è questo: la polvere di lawsonia è un fitocomplesso, ovvero tutto un insieme di principi attivi. Recenti studi condotti dal Professor Nicoletti (cattedra di Biologia dell’ambiente presso l’Università La Sapienza di Roma, con cui collaboriamo), hanno rivelato che la pianta non contiene il lawsone in sé di cui tanto si parlato. Il lawsone è uno dei risultati di un processo di preparazione, non esiste in natura nelle foglie, ma si ritrova nella pastella che si ottiene con l’aggiunta di acqua. La pastella è un fitocomplesso.
Sono state scritte varie pubblicazioni in merito su riviste di settore. È importante sapere che isolando il lawsone dalla pastella e iniettandolo massivamente su un topolino, questo bombardamento può creare problematiche, è ovvio. L’uso cosmetico dell’intera pianta è tutta un’altra storia, che poco ha a che fare con questo studio. Quando hai un principio attivo nel suo essere contornato da tutti gli altri principi attivi, ovvero hai un fitocomplesso organico (vegetale), hai un composto diverso. Questo fitocomplesso su un organismo vivente non porta alcun problema.

Se applichi la lawsonia negli impacchi per capelli con una normale frequenza allora fai benissimo al capello, è il contrario di ciò che dice questo studio! È un filone di ricerca morto e sepolto, che trova strascichi nella ricerca delle tossicità di singoli attivi che possano essere usati come ingredienti nei cosmetici. Nulla a che vedere con l’uso di un’intera pianta. Non so perché adesso vengano riportati fuori. Mi sembra veramente un becero terrorismo mediatico. Insinuando il dubbio la gente coltiva poi la paura.

È come dire che, siccome l’acciaio di un coltello taglia le mani, ogni volta che tocchi l’acciaio (anche parliamo di un piatto) ti debba necessariamente tagliare. Conta la forma che ha ed il modo in cui si ha contatto con tale acciaio. Non è l’acciaio in sé a tagliare, ma la lama che se ne ricava. Un singolo attivo di una pianta se presente in un fitocomplesso ha una funzione diversa che se estratto da solo e somministrato. Sono proprio 2 composti diversi!

Biologicamente funziona così. La visione analitica del singolo attivo torna utile quando bisogna poi considerare l’impiego di tale singolo attivo in una composizione cosmetica. Allora ha un senso valutare le tossicità del singolo elemento, altrimenti va considerato il fitocomplesso della pianta. Poi si vanno a guardare le diluizioni, il modo d’uso, la frequenza, l’esposizione e tutto il resto.

Lo stesso errore di valutazione si è fatto varie volte in questo ambito di ricerca, generando a volte delle conclusioni lontane dalla realtà.

Quando la ricerca cozza con la realtà è la realtà ad essere sbagliata?
Ti giro un articolo uscito tempo fa sul basilico, che veramente calza con quanto scritto e chiarirà molto meglio quanto detto sopra. https://www.ilgiornaledelcibo.it/basilico-cancerogeno/

I genovesi dovrebbero avere un’aspettativa di vita inferiore alla media, ma ti risulta?
È importante invece sempre scegliere erbe controllate, analizzate, che abbiano un PIF cosmetico fatto a modo, sterilizzate, imbustate preferibilmente in Europa (noi lo facciamo qui in Italia), che rispettino quindi la scelta di salute del consumatore! Questo è un discorso che ha molto più senso.

Leggete anche https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0102695X14000167.

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